Il Fotoreporter

... Il fotoreporter indipendente, non condivide i rischi con nessuno... Non ha legami protettivi. Fa pensare ad un soldato di ventura. Ha un rapporto passeggero con chi gli compera le fotografie; e di solito gliele comprano a condizione che" dicano qualcosa". Al massimo ha un contratto effimero, il tempo necessario per un reportage. In gergo si dice "Assignement". Non è facile far parlare una fotografia, far sì che dica qualcosa. Bisogna che il gesto, l'espressione, la scena inquadrata nell'obiettivo riassuma una situazione e susciti giuste reazioni: ripulsa, approvazione, pietà, disgusto, ammirazione, perplessità... Invidio i fotoreporter che riassumono in un immagine una guerra, una rivoluzione, una crisi economica, una calamità naturale, un istante di felicità collettiva. In questi casi la fotografia non equivale ad un articolo, è un romanzo... Ma per captare quella immagine è necessario andare nel cuore dell'avvenimento ... Bernardo Valli (Giornalista ed Inviato)



... Amo documentare attraverso la fotografia e la scrittura tutto ciò che mi emoziona. Mi piace raccontare e descrivere, luoghi lontani, usi e costumi differenti, le piccole storie di vita e fatica quotidiana, il contatto con le persone ... Considero questo Blog di Narrazione, l'inizio di una nuova avventura, un viaggio vissuto con consapevolezza, una nuova esperienza da condividere, per approfondire i differenti aspetti della realtà ... Alfredo Felletti (Reporter Free-Lance)



... Every minute j was there j wanted to flee, j did not want to see this... would j cut and run ... or would j deal with the responsibility of being there with my camera ...


















domenica 22 agosto 2010

Yemen - Socotra_Cronache dal Golfo di Aden

All'aeropòrto di Aden sono almeno un centinaio gli immigrati somali in attesa di essere imbarcati sul volo speciale che li riporterà a Mogadiscio. Città portuale ed industriale, Aden domina il Golfo omonimo nel sud dello Yemen. Da qualche anno accoglie le migliaia di migranti che con ogni mezzo tentano di raggiungere le coste yemenite. Navigano di notte per evitare ogni controllo, mentre polizia ed esercito yemenita pattugliano le spiagge durante il giorno, cercando di bloccare gli sbarchi. I profughi somali fuggono dalla guerra civile, che ancora oggi ad anni di distanza dalla Missione Internazionale Restore Hope promossa dall'Onu nel 1992-93 e supportata dagli Usa, stringe il paese in una morsa di violenza e terrore. Da Gibuti, piccola repubblica indipendente tra Etiopia e Somalia, o dal Corno d'Africa rivolto verso l'isola di Socotra, la più grande dello Yemen a cui appartiene, i migranti in attesa di compiere la traversata via mare affidano i loro destini a gente senza scrupoli, trafficanti di esseri umani. I sopravissuti alla traversata, sbarcati sulle coste yemenite e fermati dai militari, vengono ospitati per qualche tempo nelle strutture allestite in campi profughi alla periferia di Aden. A volte tentano la fuga e cercano di raggiungere con mezzi di fortuna l'Arabia Saudita. L'isola di Socotra si trova a 350 chilometri dalla costa dello Yemen del Sud. Ex base navale militare sovietica durante gli anni 70', per il suo interesse strategico nel Golfo di Aden, oggi è un paradiso naturalistico con spiagge incontaminate, da pochi anni parco nazionale, che custodisce specie rarissime di piante. Punto di osservazione privilegiato nel Golfo, l'isola ospita oggi una tranquilla comunità di pescatori. Da qualche tempo le navi pescherecci o mercantili, evitano di navigare al largo delle sue coste, per paura di essere attaccati dai pirati provenienti dalla vicina Somalia, i quali avvalendosi di barche agili e veloci, assaltano i cargo commerciali che transitano da e per il Golfo di Aden. I tentativi di arrembaggio compiuti ai danni soprattutto di Compagnie Occidentali di navi mercantili, al limite delle acque territoriali yemenite, sono la risposta violenta di alcuni pescatori somali, che dal 2006 si sono organizzati in bande, probabilmente addestrati da mercenari, con esperienza militare. I pirati somali accusano gli equipaggi dei pescherecci di tutto il mondo di pesca illegale, mentre sospettano e sostengono che alcune navi attaccate trasportassero rifiuti tossici da scaricare in mare al largo delle coste somale. E' una storia vecchia che si ripete e che risale agli anni 90' quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti italiani inviati in Somalia furono uccisi a Mogadiscio, giustiziati, per aver scoperto un traffico di armi e droga, rifiuti tossici nocivi che tramite una rete internazionale di criminalità organizzata finivano nel sottosuolo del paese africano. I pirati provengono da una regione del Corno d'Africa chiamata Harar Dhere non controllata dal governo centrale di Mogadiscio e possono contare sull'appoggio della popolazione civile. La situazione in cui versa la Somalia è disperata, dall'inizio della guerra civile nel 1991 ci sono stati almeno mezzo milione di morti, mentre a Mogadiscio si continua a sparare e a morire. La guerra civile si consuma costantemente ignorata nella più totale indifferenza, ormai da molti anni dalle Nazioni Occidentali. I pescatori somali che non riescono a reperire il pesce per le loro necessità, si trovano a dover competere, in un mare sempre più affollato di pescherecci, con le grandi compagnie multinazionali e trovano relativamente più facile riconvertire la pesca in azioni di pirateria molto più redditizie. I paesi ricchi e le organizzazioni governative sono poco propensi a portare aiuti concreti, in una zona che appare poco interressante dal punto di vista economico e ad intervenire in una guerra civile in cui ancora non si intravvede la possibilità di una soluzione pacifica. Ciò che si rischia è che la Somalia un domani possa diventare un paese-rifugio per i terroristi legati ad Al Qaeda.  A.F.

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